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Come valutare la qualità delle imprese di immigrati? 

20/10/2014

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Reggio Emilia definirà una serie di indicatori per valutare il livello di qualità e integrazione dell’imprenditoria immigrata nel tessuto socioeconomico locale, insieme a dieci città europee. I quality management standard saranno creati grazie a un processo partecipativo a livello locale, che coinvolgerà enti pubblici – tra cui, oltre il Comune, Regione, Provincia e Camera di Commercio – associazioni di categoria, sindacati, banche, imprese e cooperative. 

​
​Si è discusso di questo il 16 ottobre nel corso di una tavola rotonda che si è svolta nella sede dell’Ateneo reggiano, promossa da Comune, Università di Modena e Reggio, Consiglio d’Europa e Migration Policy Group per il progetto Deli, finanziato per 800 mila euro dall’Unione Europea, in partnership con le città di Bucarest, Dublino, Lisbona, Londra Lewisham, Monaco, Rotterdam, Vienna, Cartagena e Getxo.
“Il riconoscimento del valore della diversità è un potenziale di crescita per la nostra comunità, che parte da un lavoro di tessitura di relazioni tra pubblico e privato, nelle forme associative e imprenditoriali – ha affermato l’assessore alla Città internazionale Serena Foracchia – Per questo dobbiamo guardare al vantaggio competitivo dell’imprenditoria straniera e fare emergere le nuove competenze che veicolano, oltre a sviluppare patti bilaterali con i paesi di origine: fare esercizio di integrazione e rispetto della diversità significa anche dare agli imprenditori stranieri più strumenti, a partire da quelli linguistici e normativi, affinché possano esercitare loro attività e affinché la partecipazione alla vita economica al territorio sia incorniciata nelle regole del paese”.

​I dati mostrano che la situazione sull’impatto dell’imprenditoria immigrata a Reggio ha dimensioni uniche a livello nazionale ed europeo: “Qui in Emilia il fenomeno ha caratteristiche originali rispetto ad altri territori: ci sono soprattutto imprese cooperative e individuali, il peso maggiore è nel manifatturiero rispetto ai classici settori dell’edilizia e del commercio, dato che riflette la presenza di imprese create da immigrati in comparti produttivi specifici e importanti, come quello metalmeccanico” dice Franco Pittau, curatore del rapporto Imprenditoria e immigrazione e presidente del centro studi Idos. Per Matteo Rinaldini, ricercatore del Centro studi sulla giustizia nelle organizzazioni (Giuno) dell’ateneo reggiano, “da molti anni la nostra è tra le provincie con maggiore percentuale di imprese straniere sul totale, dopo Prato, Firenze e Trieste, prima di Milano, Torino e Roma. Al giugno 2014, secondo la Camera di commercio, c’erano 9.400 imprenditori immigrati, di cui 8 mila non comunitari, su un totale di 95 mila, circa il 10 per cento”.


Un trend simile ha trovato l’interesse della Banca Popolare dell’Emilia-Romagna, che ha lanciato durante l’incontro il progetto Nuovi italiani: “Giovani colleghi di trenta nazionalità diverse collaborano insieme a società di consulenza per scambiarsi idee, esperienze, riflessioni come community social manager – ha spiegato Andrea Cavazzoli, referente per la responsabilità sociale d’impresa dell’istituto – È una novità nel panorama bancario italiano e a breve partiremo con un progetto su alcune città pilota, tra le quali vorremmo includere anche Reggio”.

La presidente di Confcommercio Donatella Prampolini ha messo l’accento sull’importanza del “rispetto da parte di tutti di regole condivise” e sulla necessità di “inglobare le aziende di immigrati nei canali comuni dell’economia, ad esempio attraverso la loro partecipazione alle associazioni di categoria per l’apertura di nuove attività, altrimenti il rischio è che si formino comunità con cui non si instaura un confronto”.

Sulle finalità del progetto Deli si è soffermata Lilia Kolombet del Consiglio d’Europa: “L’obiettivo è di affrontare le dinamiche sociali legate all’imprenditoria straniera in modo innovativo e funzionale, considerato che il rispetto della diversità, se ben governata, può favorire in modo vantaggioso l’imprenditoria e l’economia locale”.

In effetti, il quadro socio economico ha mostrato un ruolo per gli immigrati a Reggio negli ultimi anni da non sottovalutare: “Secondo i nostri rapporti, nel periodo di crescita pre-crisi, dal 2001 al 2009, Reggio è stata tra le città che è cresciuta di più in Italia, forse in Europa, per abitanti stranieri. La presenza degli immigrati si è rivelata indispensabile per quella crescita, così come non ci sono dati che indicano la loro presenza come peggiorativa rispetto alla crisi. Anzi: la rete di imprese immigrate e di cittadini stranieri sono fattori di maggior tenuta sociale – ha detto Giovanni Teneggi dell’Osservatorio economico, coesione sociale e legalità della Camera di Commercio di Reggio Emilia – Piuttosto, la vulnerabilità unisce italiani e stranieri e ciò rappresenta occasione per condividere e contrastare le difficoltà date dalla crisi e individuare insieme soluzioni innovative”.

Il percorso del progetto Deli continuerà fino al prossimo giugno. Oltre al lancio di una campagna di sensibilizzazione sul potenziale della diversità per la crescita socio-economica a livello locale, sono in programma seminari tematici su clausole sociali negli appalti pubblici, esercizi commerciali degli immigrati e imprenditoria straniera, oltre ad attività di ricerca e raccolta dati per la definizione di standard di valutazione e qualità del livello di integrazione della diversità nel contesto socio-economico della città.
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