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Risorse interculturali, pratiche europee a confronto a Reggio

30/11/2011

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Dopo un anno di lavoro e di scambi di buone prassi tra le città, le reti italiane ed europee delle Città interculturali hanno scelto di condividere i risultati delle loro esperienze con i cittadini. Dal 5 al 7 ottobre si è tenuta a Reggio Emilia la prima scuola di buone prassi del programma delle Intercultural Cities, organizzata dal Comune di Reggio Emilia e dal Centro Interculturale Mondinsieme con il sostegno del Consiglio d’Europa.

Attraverso tre workshops, si è cercato di approfondire strumenti adeguati a gestire politiche di integrazione, sulla base di tre categorie. La competenza interculturale si concentra sulla conoscenza, la comprensione e la curiosità verso le differenze culturali; il mixing interculturale mette in luce il livello di incontro, interazione e azione cross-culturale; infine, la diversità interculturale come risorsa intende verificare nei progetti in che modo le capacità specifiche o le conoscenze delle persone con diversi background culturali sono messe a sistema, oltre a valutare la presenza di condizioni che favoriscano creatività e innovazione.

I risultati sono stati la stesura di un set di iniziative che mostrano l’approccio interculturale, i fattori che hanno contribuito al loro successo o meno, idee di sviluppo oppure di ridefinizione delle strategie. Il focus è stato messo su tre aree: linguaggio e multilinguismo, mediazione culturale, seconde generazioni. Durante la giornata inaugurale,  una sessione è stata dedicata anche al rapporto tra media e diversità.


​Media e diversità
Che ruolo giocano i mezzi di comunicazione nel dialogo interculturale e nella coesione della comunità?

Sono diversi i progetti portati avanti in Europa che provano a definire un approccio interculturale inclusivo nella professione giornalistica e nei media in generale. Obiettivo è facilitare una comprensione bilanciata delle dinamiche sociali e delle situazioni di gruppi differenti, in particolare su questioni legate alla migrazione, garantendo sempre il diritto all’informazione, la libertà di espressione e il pluralismo dei media.

Il punto nodale è cercare strategie che possano fare in modo di avere una maggiore rappresentanza della diversità sui media, mantenendo ferma l’oggettività, o meglio l’equilibrio, da rispettare nei loro servizi o articoli. In tal modo, è possibile identificare gli ostacoli all’espressione della diversità nei media e modalità per un loro superamento.

E’ possibile assicurare la rappresentazione delle persone con una storia di migrazione alle spalle o della diversità in generale attraverso una cooperazione più efficace con i media locali? Durante il workshop sono state presentate iniziative del Consiglio d’Europa nell’ambito delle campagne Speak out against racism e Mars, oltre che i progetti di Mondinsieme con Il Resto del Carlino e la Gazzetta di Reggio, e le posizione dell’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia-Romagna.

Linguaggio e multilinguismo
Il dibattito e le politiche su linguaggio e integrazione si sono concentrati soprattutto sull’apprendimento dei migranti della lingua del paese ospitante, come per esempio l’italiano. Queste strategie spesso sono orientate verso una assimilazione culturale e linguistica piuttosto che incentivare la reciprocità e la contaminazione.

Minore attenzione è stata data, infatti, ai benefici della madrelingua e del multilinguismo. In termini di cultura, questi possono offrire un accesso ampio alla letteratura dei paesi d’origine dei migranti, oppure alla conoscenza e comprensione della costruzione di segnificati sociali e delle differenze tra culture. Sul lato dell’economia, il multilinguismo facilita la selezione di talenti e di partner d’affari, mentre a livello politico diventa una risorsa nell’aiuto allo sviluppo, nella coprogettazione, nell’introduzione di una prospettiva interculturale quando si parla di rappresentanza e partecipazione attiva alla vita della polis.

Una città interculturale dovrebbe puntare al successo dell’apprendimento della lingua del paese ospitante da parte dei migranti, insieme a promuovere nuove forme di comunicazione che incoraggino il multilinguismo e producano benefici.

Mediazione interculturale
La mediazione interculturale è diventata un punto comune in molte città, in luoghi come ospedali, collocamento, servizi sociali o centri di quartiere. In diversi paesi europei, il mediatore è considerato una professione, certificata mediante percorsi di studio.

In alcuni casi, l’aspetto della mediazione è limitato alla traduzione o alla assistenza in uffici pubblici, per svolgere pratiche burocratiche o accedere a determinati servizi. Viene vista come un fattore che aiuta i migranti a essere più operativi e autonomi in nuovi contesti. La mediazione è anche legata alla risoluzione dei conflitti nell’ambito delle relazioni di vicinato, o tra le religioni.

Sono stati sperimentati anche mediatori urbani, che incontrano spontaneamente i cittadini nelle strade e raccolgono i loro problemi, mettendo in luce conflitti e ansietà connesse alle relazioni interculturali, e consigliando procedure o attività come potenziali rimedi.

Il workshop ha voluto guardare la grande varietà di forme e pratiche della mediazione, valutando pro e contro, immaginando soluzioni e confrontando condizioni ottimali per il loro esercizio.

Seconde generazioni
Le seconde generazioni sono chiamati i giovani di origine straniera che sono nati e cresciuti nel paese che ha ospitato i propri genitori immigrati. Spesso sono stigmatizzati come “altri”, sono vittima di casi di discriminazione e subiscono un vuoto nelle relazioni e nelle opportunità spesso connesse al lavoro. Ciò comporta difficoltà di accesso alla cittadinanza da un punto di vista sia giuridico sia culturale.

Una città interculturale dovrebbe cercare di rendere i cittadini consapevoli di questi problemi, in modo tale da coinvolgere i figli dei migranti nella vita pubblica e costruire fiducia e coesione tra famiglie e istituzioni, in particolare le scuole. Inoltre, dovrebbe rinforzare le norme anti-discriminazione e stabilire processi che facciano risaltare le conoscenze e competenze delle seconde generazioni di cui possa godere l’intera comunità.
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